Per molti dirigenti di associazione no profit non è concepibile l’idea di avvalersi di collaboratori regolarmente pagati per la loro professionalità e competenza.
Molte volte alcuni di voi ci dicono, con una punta di orgoglio (assolutamente immotivata): “noi abbiamo solo volontari, nessuno prende un euro!”.
Quasi vi vergognate all’idea di guadagnare un buon utile a fine anno che vi permetta di avere il margine necessario per pagare qualcuno che lavori per voi.
In questo articolo vorremmo dirvi che ci sono ben altri motivi per cui alcuni dirigenti di associazione no profit dovrebbero vergognarsi, ma certamente il motivo non è dare un lavoro regolare a dei collaboratori professionali che contribuiscono ad alzare il livello del servizio offerto dalla vostra associazione.
Un articolo apparso in questi giorni sulla stampa nazionale ha portato alla ribalta un fatto che, se fosse confermato, sarebbe molto grave.
Siamo a Napoli, una città in cui si è registrato nell’ultimo anno un vero e proprio boom dal punto di vista del turismo.
La notizia mette al centro una Onlus che si occupa di organizzare visite guidate nei sotterranei d’epoca romana della città.
Ed ecco che, proprio da questi sotterranei, emergono le contraddizioni di questa Onlus: secondo diverse testimonianze dirette di chi ha “lavorato” per l’associazione come guida negli itinerari della Napoli sotterranea, le attività di collaborazione di molti si svolgevano in via irregolare e illegale.
Da quello che emerge, molti giovani in cerca di un lavoro nel settore del turismo sarebbero dunque stati “assunti” a queste condizioni:
Ovviamente bisogna attendere che quello che emerge da questa inchiesta sia verificato e provato, ma non sarebbe certo la prima volta che accade una cosa del genere.
Qualche tempo fa un programma televisivo aveva trattato un caso analogo legato ad una Onlus che si occupava di servizio di ambulanze, in cui i collaboratori risultavano formalmente tutti volontari pur essendo nei fatti dei dipendenti stipendiati mensilmente con finti rimborsi.
Anche in quel caso i collaboratori erano sottoposti alle regole tipiche del lavoro subordinato, senza che però esistesse un reale contratto. Considerata la mancanza del lavoro, queste persone accettavano di lavorare anche a queste condizioni assolutamente non tutelate.
Certo, a Milano si dice: piuttosto che niente è meglio piuttosto.
Tuttavia è inaccettabile che delle associazioni sfruttino la disperazione di chi non trova un lavoro per offrire lavoro in nero sottopagato.
La migliore risposta che le associazioni no profit possono dare a questo tipo di situazioni è una sola: dimostrare che il no profit può essere davvero un’opportunità per le persone per mettere in gioco le loro capacità, percependo uno stipendio onesto ed erogato correttamente.
Nel No Profit si può e si deve lavorare guadagnando il giusto e vedendosi riconosciute tutte le giuste tutele: è solo necessario capire che serve guadagnare i soldi necessari da reinvestire nelle competenze delle persone.
Basta che chi fa il dirigente di associazione capisca che questo obiettivo non solo è possibile da raggiungere, ma deve essere raggiunto.
approvatemi il commento
Buongiorno. Una associazione che svolge esclusivamente attività istituzionale è obbligata per il 2017 ad adottare una contabilità per cassa ?
No
Ho cominciato a leggere il vostro articolo ma, non appena mi sono reso conto di che si trattava mi sono fermato perchè la mia idea non ha bisogno di suggerimenti, essa è una sola :" Chi lavora deve essere remunerato e basta ! ". Salve.
Vorrei sapere se i soci di una associazione olistico fanno trattamenti (shiatsu riflessologia) possono rilasciare a privati una ricevuta (ovviamente non scaricabile) di prestazione occasionale (o prestazione d'opera) graze
si